21 ott 2015

ZENZERO

Mi è stato chiesto di fare un articolo sullo zenzero e quindi mi sono messa subito all’opera per cercare informazioni su questa piante dalla proprietà apparentemente miracolose. Navigando sul web, come sempre, si trova davvero di tutto, il difficile è trovare conferme di rilevanza scientifica. 
Ma cominciamo a capire cos’è lo zenzero. 
Il suo nome in botanica è Zingiber officinale Roscoe, è una pianta erbacea della famiglia delle Zingiberaceae (la stessa famiglia del Cardamomo) originaria dell'Estremo Oriente. Il rizoma (modificazione del fusto con principale funzione di riserva) contiene i principi attivi della pianta: olio essenziale (composto in prevalenza da zingiberene), gingeroli e shogaoli (principi responsabili del sapore speziato e pungente), resine e mucillagini. Il rizoma essiccato e polverizzato è impiegato come spezia in cucina e nella preparazione di liquori e bibite come aromatizzante.  Allo zenzero vengono attribuite proprietà stimolanti della digestione e della circolazione periferica,  antinfiammatorie ed antiossidanti. Il rizoma possiede una azione anti-nausea, antiemetica (contro il vomito), antipiretica e antinfiammatoria [1]. 
Lo zenzero è stato classificato come stimolante e carminativo (rimedio che toglie l'aria che si è accumulata nello stomaco e nell'intestino e diminuisce le coliche da essi derivanti; altri carminativi utilizzati in erboristeria sono: il finocchio, il timo, la malva …), è usato spesso per dispepsia e coliche. Lo zenzero è sulla lista delle sostanze "genericamente considerate salubri" della FDA Statunitense [2], anche se ha delle controindicazioni se utilizzato insieme ad alcuni medicinali. 
Lo zenzero è sconsigliato per le persone che soffrono di calcoli biliari perché il vegetale stimola il rilascio di bile dalla cistifellea.[3]  Come tutte le piante officinali deve essere usato con oculatezza, senza esagerare nelle dosi perché potrebbe causare effetti collaterali come: bruciore di stomaco, aumento dei gonfiori, stitichezza e potrebbe aggravare ulcere e gastriti invece di alleviarle. Le donne in gravidanza non dovrebbero assumere lo zenzero perché sembra che il gingerolo abbia proprietà abortive (stimolerebbe le contrazioni uterine e la dilatazione). Inoltre sembra che alcuni principi dello zenzero agiscano sulla circolazione sanguigna, sul cuore e sulla pressione, di conseguenza chi soffre di patologie cardiovascolari dovrebbe consultare il proprio medico prima di assumere questo rimedio naturale.
Vediamo adesso l’utilizzo dello zenzero nella “medicina popolare” dove trova molteplici impieghi. Il tè di zenzero ad esempio è utilizzato come rimedio contro il raffreddore; tre o quattro foglie di basilico, insieme ad un pezzetto di zenzero a stomaco vuoto, sono impiegate come rimedio per la congestione; l'acqua di zenzero era comunemente usata per evitare i crampi da calura. Lo zenzero è stato inoltre storicamente usato per trattare le infiammazioni, anche se un caso specifico di artrite mostrò che lo zenzero non era meglio di un placebo o dell'ibuprofene. [4] La ricerca sui topi di laboratorio suggerisce che lo zenzero potrebbe essere utile per il trattamento del diabete [5].

Sul sito della Fondazione Veronesi ho travato anche una ricetta molto sfiziosa che vi riporto di seguito:

Gelatina di arance e zenzero

Ingredienti
600 ml di spremuta (arancia rossa, pompelmo, mandarini)  
 ½ barra di agar agar
50 g di zenzero fresco
5 foglioline di menta fresca
2 cucchiai di miele
1 limone per la scorza
Procedimento
Per prima cosa portate al bollore 200 ml d’acqua e sbriciolatevi dentro la ½ barra di agar agar (con 1 barra da 8 g si addensa 1 l di liquido).
Intanto spremete l’arancia rossa, il pompelmo e i mandarini per ottenere 600 ml complessivi di succo.
Quando l’agar agar sarà ben sciolto, unitevi la spremuta e quindi il miele, la menta e lo zenzero grattugiato.
Mescolate e fate sobbollire per altri 2 minuti al massimo.
Distribuite in coppette e cospargete la superficie di scorza di limone.
Fate raffreddare almeno 4 ore prima di servire in tavola.

Un ringraziamento a Imma per avermi richiesto questo articolo.

[1] Vohora, S.B. and Dandiya, P.C., 1992. Herbal analgesic drugs. Fitoterapia 63:195–207 
[2] Food and Drug Administration (Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali, abbreviato in FDA): 'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici che dipende dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti.
[3] Antoine Al-Achi, A Current Look at Ginger Use
[4] University of Maryland Medical Centre, Ginger -  https://umm.edu/health/medical/altmed/herb/ginger
[5] Zainab M. et al. Al-Amin, Anti-diabetic and hypolipidaemic properties of ginger (Zingiber officinale) in streptozotocin-induced diabetic rats in British Journal of Nutrition, vol. 96, Cambridge University Press, 2006, pp. 660–666, DOI:10.1079/BJN20061849 (inattivo 2008-06-25). URL consultato il 5 novembre 2007.




19 ott 2015

PROPOLI

La propoli (o pròpolis)  è una sostanza resinosa prodotta dalle api che viene raccolta dalle piante e in seguito trasformata utilizzando cera, polline ed enzimi, realizzando un prodotto dalle caratteristiche molto particolari. 
È impossibile definire una composizione esatta ed universalmente valida del propoli in quanto estremamente variabile a seconda della vegetazione di origine, della stagione e di molti altri fattori. Nel corso di numerosi studi su propoli di varia origine sono stati identificati più di 150 composti biochimici.
Per semplificare è possibile suddividere i principali componenti in cinque grandi gruppi:
  • resine (45-55%),
  • cera e acidi grassi (25-35%),
  • oli essenziali e sostanze volatili (10%),
  • polline (5%)
  • composti organici e minerali (5%)


 In diverse ricerche scientifiche sono state confermate alcune proprietà, come ad esempio: 

  1. antibiotiche (1)
  2. anti-infiammatorie (2)
  3. anti-micotiche (3)
  4. anti-ossidanti (4)
  5. antivirali (5)


Non è un caso che le api utilizzino il propoli per isolare dagli agenti esterni e disinfettare l’alveare. 
Come può essere impiegata la propoli? L’elenco del suo utilizzo può essere molto lungo ma possiamo restringere il campo soprattutto a sintomi influenzali e piccole ferite. Questa sostanza è ottima in caso di raffreddore o mal di gola e mostra tutta la sua efficacia soprattutto se si prende alle prime avvisaglie di questi disturbi. La propoli può essere utilizzata anche in caso di afte e irritazioni della mucosa orale, come disinfettante e cicatrizzante per piccole ferite (è in grado infatti di promuovere la rigenerazione dei tessuti), per trattare l’herpes e la comparsa di micosi.



(1) J. M. Grange and R. W. Davey (1990) Antibacterial properties of propolis (bee glue). in J R Soc Med. 1990 March; 83(3): 159–160. ^ Schede tecniche - Propoli Rivista Scientifica Natural1 - num. 2, maggio 2001, pag.76
(2) Siegfried Ansorge, Dirk Reinhold, Uwe Lendeckel - Propolis and Some of its Constituents Down-Regulate DNA Synthesis and Inflammatory Cytokine Production but Induce TGF-β1 Production of Human Immune Cells - Verlag der Zeitschrift für Naturforschung, Tübingen, 0939-5075/2003/0700-0580
(3)  Search of Propolis & Mycosis in National Center for Biotechnology Information
(4) Vassya Bankova (2005) Recent trends and important developments in propolis research in Evid Based Complement Alternat Med. 2005 March; 2(1): 29–32.
(5) Marjorie Murphy Cowan (1999) Plant Products as Antimicrobial Agents in Clin Microbiol Rev. 1999 October; 12(4): 564–582.

14 ott 2015

zucchero di canna VS zucchero bianco

Oggi vorrei cercare di fare un po’ di “luce” su una dibattutissima questione:  “lo zucchero di canna è migliore di quello bianco?” Ho letto davvero tanti articoli e navigato su così tanti siti di diversa “ideologia”  da farmi venire il mal di testa. È davvero difficile districarsi tra tutte le notizie contrastanti, molte delle quali a primo acchito ti fanno venire voglia dia aprire la dispensa e buttare via tutto lo zucchero che hai in casa!!!
Alla fine credo di aver trovato una “quadra “ e di essermi fatta un’idea che voglio condividere.
Penso che molti equivoci derivino dai termini utilizzati, una stessa parola infatti può assumere una connotazione positiva o negativa a seconda del contesto in cui è inserita. Facciamo un esempio: la parola “purificazione” può assumere una valenza positiva se si pensa a qualcosa di sporco o impuro che subisce un processo particolare prima di essere ingerito; allo stesso modo però gli si può attribuire una connotazione negativa se si pensa ad un impianto di raffinazione (cioè di purificazione) petrolifero.
Detto ciò parliamo delle differenze dei due zuccheri, quello di canna e quello bianco. Cominciamo con il chiarire che il saccarosio, cioè il comune zucchero da tavola, viene estratto sia dalla canna da zucchero che dalla barbabietola da zucchero. La molecola estratta è esattamente la stessa; diversi sono i residui e le “impurezze” che sono presenti nel prodotto grezzo e che alla fine rimangono nella melassa prima della raffinazione finale. Lo zucchero che viene completamente purificato è quello derivante dalla barbabietola in quanto i suoi residui non sono molto gradevoli; diversamente quelli presenti nella canna da zucchero sono apprezzabili al palato. Lo zucchero di canna quindi può subire vari gradi di raffinazione e portare a prodotti leggermente diversi, dallo zucchero bianco, identico a quello di barbabietola, a prodotti più scuri. Dal punto di vista calorico i due prodotti sono praticamente identici.
Spesso, sul web, si legge che lo zucchero grezzo di canna è più ricco di minerali rispetto a quello raffinato. Per dare una conferma o una smentita a questa informazione possiamo prendere come riferimento le tabelle nutrizionali dell’USDA. [http://ndb.nal.usda.gov//]
Partiamo analizzando il contenuto in potassio: secondo le tabelle 100 grammi di zucchero grezzo contengono 133 milligrammi di potassio.  Dato che lo zucchero raffinato non ne contiene, possiamo essere portati a pensare che ci sia davvero  una bella differenza! Però fermiamoci un attimo a riflettere,  non è che ci mangiamo un etto di zucchero di canna al giorno! La domanda che dobbiamo farci è se questo numero è nutrizionalmente rilevante. L’agenzia americana FDA ha stabilito dei valori giornalieri “raccomandati” per diversi micronutrienti (principi nutritivi necessari agli esseri umani  come vitamine, sali minerali ...) che ogni individuo dovrebbe assumere per avere una dieta bilanciata. La “dose suggerita” (RDI = Reference Daily Intake) per il potassio è di 4700 milligrammi. Questo significa che per raggiungere la dose consigliata, dovremmo ingerirne 3.5 chili di zucchero di canna! Con il potassio è andata male. Proviamo ad analizzare il  calcio: lo zucchero di canna contiene 83 mg però  la dose giornaliera suggerita è di 1000.  Ciò significa che dovremmo ingerire un chilo e due etti di zucchero di canna. Forse è meglio mangiare 100 grammi di Parmigiano che ne contiene 1184 milligrammi.   Potremmo andare avanti così per tutti i nutrienti ma la conclusione sarebbe sempre la stessa. Insomma, possiamo affermare che quello dello zucchero  di canna “migliore” di quello bianco è un mito.  Come dice anche un opuscolo dell'INRAN, l'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione:
“Non è vero che il valore calorico e le caratteristiche nutritive dello zucchero grezzo siano diverse da quelle dello zucchero bianco. Lo zucchero grezzo (che si ricava sia dalla canna da zucchero che dalla barbabietola) è semplicemente uno zucchero non totalmente raffinato: le differenze di colore e sapore dipendono dalla presenza di piccole quantità di residui vegetali (melassa) che non vantano particolari significati nutrizionali.”
Quello che spesso preoccupa è come lo zucchero viene “purificato”. Molti siti descrivono il processo di purificazione e titolano i loro articoli in modo “spaventoso”:
  • “Lo zucchero raffinato e i suoi pericoli”   http://www.ricetteecooking.com/view.php/id_598/lingua_0/whoisit_1
  • “LO SAPEVI CHE LO ZUCCHERO VIENE SBIANCATO CON LA CALCE ?” http://aldexnapoli.jimdo.com/lo-sapevi-che-lo-zucchero-viene-sbiancato-con-la-calce/
  • “Attenti allo zucchero killer!”  http://www.laricercascientifica.it/ricerca-cuore/attenti-allo-zucchero-killer/762
E potrei andare aventi per molto!!! Proviamo a fare un po’ di chiarezza su come viene prodotto lo zucchero. Il saccarosio, cioè lo zucchero bianco, sia esso di barbabietola o di canna, subisce un processo di estrazione molto simile per entrambe le fonti. Le fasi sono: cristallizzazione, centrifugazione ed evaporazione. Tra le fasi si utilizzano sostanze come l’idrossido di calcio (latte di calce o calce spenta) per evitare che il saccarosio si scinda in glucosio e fruttosio; l’anidride carbonica per eliminare gli ioni di calcio in eccesso (derivati dal latte di calce). Lo zucchero bianco ha una purezza superiore al 99.7%. Il calcio precipita (come dicono i chimici) durante la fase di evaporazione mentre il contenuto residuo di anidride solforosa deve essere per legge inferiore a 15 mg/kg.  Che l'eccesso di consumo di zucchero possa dare problemi è noto, ma, come dicevamo in precedenza, c'è chi lo considera un vero e proprio "veleno". Dario Bressanini sul suo blog riporta un estratto di un articolo che dice quanto segue:

"il succo zuccherino proveniente dalla prima fase della lavorazione della barbabietola o della canna da zucchero, viene sottoposto a complesse trasformazioni industriali: prima viene sottoposto a depurazione con latte di calce che provoca la perdita e la distruzione di sostanze organiche, proteine, enzimi e sali di calcio; poi, per eliminare la calce che è rimasta in eccesso, il succo zuccherino viene trattato con anidride carbonica. Il prodotto quindi subisce ancora un trattamento con il velenosissimo acido solforoso per eliminare il colore scuro, successivamente viene sottoposto a cottura, raffreddamento, cristallizzazione e centrifugazione. Si arriva così allo zucchero grezzo. Da qui si passa alla seconda fase di lavorazione: lo zucchero viene filtrato e decolorato con carbone animale e poi, per eliminare gli ultimi riflessi giallognoli, viene colorato con il colorante blu oltremare o con il blu idantrene (proveniente dal catrame e quindi cancerogeno). Il prodotto finale è una bianca sostanza cristallina che non ha più nulla a che fare con il ricco succo zuccherino di partenza e viene venduta al pubblico per zuccherare (avvelenare) gran parte di ciò che mangiamo."

Bressanini commenta così: << Qual'è il problema di questa descrizione? (presa da http://www.alberosacro.org/lo-zucchero-bianco.htm ) È che cerca di spaventare, di scatenare la parte emotiva invece che quella razionale. Chi non ha argomenti oggettivi solitamente fa ricorso al linguaggio: "perdita e distruzione",  "velenosissimo acido",  "complesse trasformazioni industriali". Si dicono cose vere, ad esempio che viene trattato con il latte di calce, mescolate a quelle false, ad esempio che lo zucchero viene "colorato" con il blu oltremare. Ma quando mai? Questa è una bufala vera e propria. […]Se rimangono dei riflessi giallognoli dovuti alla presenza di melassa si eliminano utilizzando dell'innocuo carbone attivo, che viene utilizzato anche negli acquedotti per rendere potabile l'acqua dei vostri rubinetti. Racconta poi cose vere ma dipingendole a tinte fosche, sempre per spaventare. Si vuole suggerire che poiché vengono utilizzate delle "sostanze chimiche", allora il prodotto finale è "velenoso". Niente di più falso. Spesso delle materie prime alimentari vengono trattate con acidi o basi, dalla trippa alla gelatina, e questi vengono successivamente eliminati. Il "velenosissimo acido solforoso" (in realtà anidride solforosa) può rimanere solo in tracce (inferiori a 15 mg/kg), mentre in moltissime preparazioni alimentari l'anidride solforosa viene comunemente utilizzata come conservante.>>

Alla luce di quanto riportato sopra proviamo a trarre delle conclusioni. Abbiamo visto che il cosiddetto “veleno bianco”, deve la sua cattiva fama dalla mala informazione che si può trovare in rete. Analizzando diverse ricerche scientifiche, nulla di quanto affermato in merito alla pericolosità dello zucchero bianco  sembra essere confermato. Ma allora cosa decreta il successo di queste leggende metropolitane nutrizionali? Sarà l’identificazione di un solo nemico responsabile di tutti i mali del mondo? Ma! Forse è semplicemente facile creare una leggenda metropolitana sfruttando il lato “emotivo delle persone”.  Il vero problema dello zucchero è quello di tanti altri alimenti è il suo abuso che può provocare diversi problemi, dal sovrappeso al diabete. Quello che deve allarmarci è il monito lanciato da alcuni ricercatori americani secondo i quali lo zucchero “killer” può aumentare fino a tre volte il rischio di morire. Il rischio di cui si parla però non deriva dalle fasi di purificazione dello zucchero ma è una diretta conseguenza delle malattie cardiache, o delle patologie che coinvolgono cuore ed arterie,  che possono insorgere nel momento in cui si consumano troppi dolci o numerose bevande zuccherate. La ricerca scientifica condotta dal Centers for disease control and prevention di Atlanta e pubblicata su Jama Internal medicine dimostra che anche solo una bevenda zuccherata al giorno può triplicare il rischio di incorrere in seri problemi cardiaci. Lunga vita, secondo i ricercatori, invece, agli zuccheri contenuti in frutta e verdura, come ad esempio il fruttosio, esente da rischi particolari.
Allora è proprio vero quello che dicevano i nostri nonni una mela al giorno toglie il medico di torno!” 



8 ott 2015

IPERICO - Ricercatori australiani hanno messo a confronto l’erba di San Giovanni e gli antidepressivi. Risultato? Naturale non equivale a innocuo.

Oggi voglio parlare della pianta comunemente conosciuta come "erba di San Giovanni" o "scacciadiavoli". È una pianta perenne semisempreverde ed è ben riconoscibile anche quando non è in fioritura perché ha le foglioline che in controluce appaiono bucherellate, in realtà sono piccole vescichette oleose da cui deriva il nome perforatum; il nome scientifico dell'iperico è infatti Hypericum perforatum. L'iperico è una pianta officinale che è tradizionalmente utilizzata come antidepressivo e antivirale.
Come sempre mi sono chiesta se ci sono ricerche scientifiche a sostegno delle credenze popolari ed in effetti, sul sito della Fondazione Veronesi, ho travato un articolo che cita uno studio dell'Università di Adelaide (Australia), dove è stata fatta una ricerca che mette in evidenza come l'iperico abbia effettivamente delle proprietà antidepressive. La dottoressa Claire Hoban, che ha condotto lo studio, ha sottolineato che l'iperico ha anche degli effetti collaterali, proprio come alcuni antidepressivi tradizionali. 
Troppo spesso si è portati a pensare che i rimedi naturali non fanno male ma questo studio mostra come questo non sia sempre vero; è importante che si diffonda la consapevolezza che l’iperico, come altri rimedi naturali,  possono essere considerati come farmaci veri e propri. Questo significa che può avere anche interazioni con altri farmaci ed effetti collaterali; è consigliabile non "auto-prescirversi" una cura, anche se prevede la somministrazione di erbe officinali (è meglio chiedere consiglio al medico, al farmacista o all'erborista). 
La dottoressa Claire Hoban durante lo studio ha registrato delle reazioni avverse in alcuni consumatori di iperico del tutto simili a quelle indotte, in alcuni casi, dalla fluoxetina (inibitorie della ricaptazione della serotonina come il noto Prozac): ansia, attacchi di panico, vomito, amnesia. L’iperico funziona con il medesimo meccanismo degli inibitori della ricaptazione della serotonina, i cosiddetti "antidepressivi Ssri", dunque non c’è da meravigliarsi che induca anche gli stessi effetti collaterali. 
Alla fine delle mie ricerche mi sento di affermare che prima di prendere un qualunque rimedio contro la depressione è forse meglio cercare di capire l'origine dello stato d'animo che ha portato alla depressione, cercando l'aiuto di un professionista (ad esempio un psicoterapeuta).