18 dic 2015

E dopo le abbuffate???


Anche quest'anno, come tutti gli anni, mi chiedo: come fare a tornare in forma dopo le abbuffate delle feste?
Di consigli sul web se ne trovano davvero molti, io ho deciso di riportarvi un'intervista fatta da "Il Tirreno" al Dott. Ciro Vestita [1].


<<Dottor Vestita, i chili in più che ci ritroviamo dopo le feste sono solo di facciata o si accompagnano anche a colesterolo e trigliceridi alti?
 
«La seconda. Durante le lunghe feste natalizie le cene luculliane sono tante per cui è facile affaticare il fegato ritrovandosi poi col colesterolo alle stelle e centimetri in più sulla addome...».

 Che fare quindi?
 
«Quello che, ad esempio, fanno i Mormoni in America. Un gruppo di questi religiosi è stato seguito per anni dalla clinica cardiologica di Boston, interessata al fatto che le patologie coronariche in questi soggetti fossero sotto la media. I risultati sono stati strabilianti: I Mormoni, una volta alla settimana, fanno un giorno di digiuno mangiando solo poca frutta e bevendo molta acqua: bene, pare che questa metodica riesca a controllare il peso e soprattutto a salvare le coronarie. Noi quindi, ad esempio, potremmo (se non ci sono altri problemi di salute) mangiare per uno o due giorni solo kiwi e ananas: sono frutti estremamente diuretici e depurativi, si perde subito una taglia, si guadagna un enorme senso di leggerezza e si abbassa il colesterolo».

 Esistono anche delle erbe che ci aiutano in questo?
 
«Si. La fitoterapia può fare molto, perché per noi dietologi, dare la dieta da dietro la scrivania è facile, ma poi il paziente va a casa e, dalla fame, si mangia l’uva della carta da parati. È utile quindi usare erbe spezzafame che aiutino chi vuole dimagrire».

 Quali sono e come bisogna usarle?
 
«Il modo migliore è fare delle tisane (almeno un litro e mezzo al giorno) con erbe calmanti quali melissa, withania, tiglio. La continua voglia di piluccare si blocca e si può seguire più facilmente il regime dimagrante».

 Spesso però, soprattutto nelle donne, si tratta di chili in più dovuti a ritenzione idrica.
 
«È vero. L’abuso di cibi salati (e si tratta spesso di sale occulto) porta a gonfiore di gambe e glutei. Con piante diuretiche, quali betulla e rusco, si possono davvero perdere molti liquidi».

 Insomma non è poi difficile...
 
«Nemmeno per sogno. Se non ci si mette un po’ di buona volontà e un po’ di esercizio fisico, le tisane non servono a nulla».>>

Adesso non resta che provare i consigli del Dott. Ciro Vestita, buone abbuffate a tutti


 [1]dietologo e fitoterapeuta , laureato a Pisa presso la facoltà di Medicina nel 1976. Specializzato in pediatria nel 1979. Si occupa fin dalla laurea di fitoterapia applicata alla obesità ed altre malattie metaboliche. É docente a contratto di Fitoterapia ed Alimentazione presso la "Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant'Anna" di Pisa. Titolare di incarico di insegnamento in nutrizione e fitoterapia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Pisa.

5 dic 2015

Calendario di frutta e verdura

Ormai da diversi anni, per fare la spesa di frutta e verdura di stagione, mi affido ad un calendario che ho trovato su un opuscolo del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Tutto ciò che è contenuto in questo opuscolo lo si può trovare anche sul sito www.nutritevideicoloridellavita.com
La cosa che mi piace di questo "progetto" è che frutta e verdura sono suddivise per colori:

ROSSO (ad esempio: anguria, arancia rossa, barbabietola, ciliegia, fragola, pomodoro, ravanello...)
GIALLO - ARANCIO (ad esempio albicocca, arancia, carota, kaki, limone, mandarino, melone, nespola, peperone, pesca, pompelmo, zucca ...)
VERDE (ad esempio agretti, asparagi, bieta, broccoli, carciofo, cetriolo, cicoria, kiwi, lattuga, rughetta, spinaci, uva, zucchina ...)
BLU - VIOLA (ad esempio fichi, frutti di bosco, melanzane, prugne, radicchio, uva nera ...)
BIANCO (ad esempio aglio, cavolfiore, cipolla, finocchio, funghi, mela, pera, porri, noci, nocciole, mandorle, castagne ...)

L'ideale è riuscire ad avere una dieta il più "colorato" possibile;  bisognerebbe privilegiare non solo la quantità ma anche la varietà di frutta e verdura consumata. L’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione consiglia il consumo di almeno 3 porzioni di frutta al giorno (una porzione corrisponde a 150 grammi); il consumo ideale di verdura dovrebbe essere di almeno 2 porzioni (una porzione corrisponde a 200 grammi per gli ortaggi cotti, e 80 grammi per quelli crudi). 
Un’alimentazione variegata e completa di frutta e verdura non solo nutre in maniera equilibrata, ma anche sana. Riduce infatti il rischio di sviluppare diabete e patologie cardiache. 
A mio avviso è altrettanto importante acquistare frutta e verdura di stagione, anche se oggi è facile trovare al mercato anche alimenti non di stagione perché ad esempio provenienti da altri paesi o perché coltivati in serra. Come dicevo prima io mi baso sul calendario che potete vedere di seguito.



Frutta e verdura sono buone e versatili, ricche di vitamine e minerali essenziali per la nostra salute; hanno il vantaggio di essere particolarmente indicate per le diete ipocaloriche; grazie all'elevato contenuto di fibre aiutano il transito intestinale; hanno anche il vantaggio di idratare grazie all’alto contenuto di acqua, tutte caratteristiche che le rendono un valido aiuto per mantenere sotto controllo il proprio peso.
Sono tanti i modi per consumare con gusto 5 porzioni di 5 colori al giorno, sul sito è possibile trovare anche delle ricette. Purtroppo il sito non è aggiornato però secondo me alcune regole basilari non hanno bisogno di continui aggiornamenti.

BUONA SPESA A TUTTI!


Deodorante per ambiente

Qualche giorno fa mi sono imbattuta in un articolo che gira su faceboock che parlava dei tanti utilizzi del sale grosso [http://www.grandinotizie.eu/metti-200-gr-di-sale-grosso-in-un-angolo-della-casa-o-su-un-mobile-ecco-cosa-succede/].  Devo ammettere che molte delle cose suggerite io le faccio già grazie ai rimedi che si tramandano in famiglia; questo mi ha dato lo spunto per parlarvi di un rimedio semplicissimo e poco costoso contro i cattivi odori.
Chi ha degli animali in casa, con annessa lettiera sa benissimo che non ci sono tante soluzioni contro i cattivi odori dei nostri amici a quattro zampe. Anche le lettiere profumate, quelle con i carboni attivi oppure quelle con i cristalli lasciano comunque un odore non molto gradevole. Io ho adottato un sistema molto semplice: ho messo in una ciotolina del sale grosso da cucina, vi ho versato 6-7 gocce di olio essenziale alla lavanda e l'ho messa in bagno. L'odore dell'olio essenziale dura diversi giorni, è quindi sufficiente versare altre gocce a piacere senza dover buttare via il sale. In questo modo ho creato un deodorante piacevole che non solo copre gli odori della lettiera ma che profuma in modo gradevole tutto il bagno. In oltre il sale grosso aiuta ad eliminare l'umido in eccesso nella stanza ... insomma, due risultati con un solo prodotto!!!


19 nov 2015

Noci, amiche del nostro cuore

La noce è formata da un guscio legnoso che contiene il gheriglio che è la parte commestibile. Dal punto di vista nutrizionale in 100 grammi di noci troviamo il 16% di proteine, il 12% di glucidi e oltre il 60% di grassi. I grassi contenuti da questo frutto sono di tipo monoinsaturi (ad esempio omega 3 e omega 6), cioè sono quelli che apportano benefici alla salute.
Uno studio dalla Vanderbilt University Medical Center (VICC),  pubblicato sulla rivista Jama Internal Medicine [1], condotto su un’ampia popolazione di diversa provenienza etnica ha evidenziato che il consumo al naturale delle noci, nelle giuste proporzioni e con regolarità  contribuirebbero a ridurre il rischio di mortalità, anche per cause cardiache. Lo studio è stato effettuato su un gruppo di oltre 200 mila persone provenienti da vari continenti, in particolare: 70 mila Americani, a basso reddito economico  discendenti da Africani ed Europei (inclusi nello studio Southern Community Cohort Study), e di più di 13 0mila Cinesi (facenti parte di due studi: il Shanghai Women's Health Study e il Shanghai Men's Health Study). In tutti e tre i gruppi è risultata evidente la riduzione di mortalità in persone più abituate al consumo noci rispetto a quelle che non hanno integrato questo alimento nella propria dieta.
Mangiare noci, ma anche nocciole, arachidi e in generale la frutta secca,  aiuterebbe  a vivere più a lungo in quanto diminuirebbe il rischio di moralità per qualsiasi causa in una percentuale variabile tra  il 17 e il 21%, e soprattutto per un evento cardiovascolare, come ictus e infarto, con una probabilità in questo caso diminuita addirittura del 23-38%.
Lo studio sopra citato ha evidenziato che i benefici sono riscontrabili indipendentemente dall’etnia e dalla condizione socio economica del mangiatore di frutta secca.

La domanda è d'obbligo: QUANTE NOCI CONSUMARE? 

I benefici sulla longevità e sul cuore sarebbero da attribuirsi alle proprietà di noci e della frutta secca ricche dei seguenti nutrienti: grassi acidi insaturi, acido folico, vitamina B9, acido linoleico, fibre, vitamine, antiossidanti fenolici, arginina e fitochimici. Molto utili sarebbero anche le loro proprietà antiossidative ed antiinfiammatorie che aiuterebbero a preservare anche il muscolo cardiaco in un migliore stato di benessere, e a conservare più a lungo la funzione endoteliale (l'endotelio è il tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni, linfatici e del cuore). Le noci non devono essere consumate né in eccesso né in difetto. L’American Heart Association (organizzazione statunitense non a scopo di lucro che si occupa di ridurre le morti causate da problemi cardiaci e ictus) raccomanda quattro porzioni di noci a settimana, senza sale e senza olio, considerando che una porzione è pari a circa 42,5 grammi di noci intere. Bisogna però tenere conto che la frutta secca ha un elevato contenuto calorico e non sempre sono adatte ad una dieta ipocalorica e va evitata se si ha una predisposizione a reazioni allergiche.

I risultati preliminari dello studio sono incoraggianti, tuttavia trattandosi di studi epidemiologici osservazionali e non di trial clinici randomizzati [2], non si possono trarre ancora conclusioni certe: non è possibile quindi affermare con sicurezza che le noci e in generale la frutta secca  da sole siano responsabili della riduzione della mortalità osservata nello studio. Occorreranno ulteriori ricerche che ne attestino l’effettiva efficacia, ma le premesse al momento farebbero ben sperare.



[1] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25730101 
[2] Gli studi clinici controllati randomizzati (randomized controlled trial, RCT) sono studi sperimentali che permettono di valutare l'efficacia di uno specifico trattamento in una determinata popolazione. 
Con il termine trattamento si intendono convenzionalmente non solo le terapie, ma tutti gli interventi (diagnostici, di screening, di educazione sanitaria) o anche l'assenza di intervento. 



21 ott 2015

ZENZERO

Mi è stato chiesto di fare un articolo sullo zenzero e quindi mi sono messa subito all’opera per cercare informazioni su questa piante dalla proprietà apparentemente miracolose. Navigando sul web, come sempre, si trova davvero di tutto, il difficile è trovare conferme di rilevanza scientifica. 
Ma cominciamo a capire cos’è lo zenzero. 
Il suo nome in botanica è Zingiber officinale Roscoe, è una pianta erbacea della famiglia delle Zingiberaceae (la stessa famiglia del Cardamomo) originaria dell'Estremo Oriente. Il rizoma (modificazione del fusto con principale funzione di riserva) contiene i principi attivi della pianta: olio essenziale (composto in prevalenza da zingiberene), gingeroli e shogaoli (principi responsabili del sapore speziato e pungente), resine e mucillagini. Il rizoma essiccato e polverizzato è impiegato come spezia in cucina e nella preparazione di liquori e bibite come aromatizzante.  Allo zenzero vengono attribuite proprietà stimolanti della digestione e della circolazione periferica,  antinfiammatorie ed antiossidanti. Il rizoma possiede una azione anti-nausea, antiemetica (contro il vomito), antipiretica e antinfiammatoria [1]. 
Lo zenzero è stato classificato come stimolante e carminativo (rimedio che toglie l'aria che si è accumulata nello stomaco e nell'intestino e diminuisce le coliche da essi derivanti; altri carminativi utilizzati in erboristeria sono: il finocchio, il timo, la malva …), è usato spesso per dispepsia e coliche. Lo zenzero è sulla lista delle sostanze "genericamente considerate salubri" della FDA Statunitense [2], anche se ha delle controindicazioni se utilizzato insieme ad alcuni medicinali. 
Lo zenzero è sconsigliato per le persone che soffrono di calcoli biliari perché il vegetale stimola il rilascio di bile dalla cistifellea.[3]  Come tutte le piante officinali deve essere usato con oculatezza, senza esagerare nelle dosi perché potrebbe causare effetti collaterali come: bruciore di stomaco, aumento dei gonfiori, stitichezza e potrebbe aggravare ulcere e gastriti invece di alleviarle. Le donne in gravidanza non dovrebbero assumere lo zenzero perché sembra che il gingerolo abbia proprietà abortive (stimolerebbe le contrazioni uterine e la dilatazione). Inoltre sembra che alcuni principi dello zenzero agiscano sulla circolazione sanguigna, sul cuore e sulla pressione, di conseguenza chi soffre di patologie cardiovascolari dovrebbe consultare il proprio medico prima di assumere questo rimedio naturale.
Vediamo adesso l’utilizzo dello zenzero nella “medicina popolare” dove trova molteplici impieghi. Il tè di zenzero ad esempio è utilizzato come rimedio contro il raffreddore; tre o quattro foglie di basilico, insieme ad un pezzetto di zenzero a stomaco vuoto, sono impiegate come rimedio per la congestione; l'acqua di zenzero era comunemente usata per evitare i crampi da calura. Lo zenzero è stato inoltre storicamente usato per trattare le infiammazioni, anche se un caso specifico di artrite mostrò che lo zenzero non era meglio di un placebo o dell'ibuprofene. [4] La ricerca sui topi di laboratorio suggerisce che lo zenzero potrebbe essere utile per il trattamento del diabete [5].

Sul sito della Fondazione Veronesi ho travato anche una ricetta molto sfiziosa che vi riporto di seguito:

Gelatina di arance e zenzero

Ingredienti
600 ml di spremuta (arancia rossa, pompelmo, mandarini)  
 ½ barra di agar agar
50 g di zenzero fresco
5 foglioline di menta fresca
2 cucchiai di miele
1 limone per la scorza
Procedimento
Per prima cosa portate al bollore 200 ml d’acqua e sbriciolatevi dentro la ½ barra di agar agar (con 1 barra da 8 g si addensa 1 l di liquido).
Intanto spremete l’arancia rossa, il pompelmo e i mandarini per ottenere 600 ml complessivi di succo.
Quando l’agar agar sarà ben sciolto, unitevi la spremuta e quindi il miele, la menta e lo zenzero grattugiato.
Mescolate e fate sobbollire per altri 2 minuti al massimo.
Distribuite in coppette e cospargete la superficie di scorza di limone.
Fate raffreddare almeno 4 ore prima di servire in tavola.

Un ringraziamento a Imma per avermi richiesto questo articolo.

[1] Vohora, S.B. and Dandiya, P.C., 1992. Herbal analgesic drugs. Fitoterapia 63:195–207 
[2] Food and Drug Administration (Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali, abbreviato in FDA): 'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici che dipende dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti.
[3] Antoine Al-Achi, A Current Look at Ginger Use
[4] University of Maryland Medical Centre, Ginger -  https://umm.edu/health/medical/altmed/herb/ginger
[5] Zainab M. et al. Al-Amin, Anti-diabetic and hypolipidaemic properties of ginger (Zingiber officinale) in streptozotocin-induced diabetic rats in British Journal of Nutrition, vol. 96, Cambridge University Press, 2006, pp. 660–666, DOI:10.1079/BJN20061849 (inattivo 2008-06-25). URL consultato il 5 novembre 2007.




19 ott 2015

PROPOLI

La propoli (o pròpolis)  è una sostanza resinosa prodotta dalle api che viene raccolta dalle piante e in seguito trasformata utilizzando cera, polline ed enzimi, realizzando un prodotto dalle caratteristiche molto particolari. 
È impossibile definire una composizione esatta ed universalmente valida del propoli in quanto estremamente variabile a seconda della vegetazione di origine, della stagione e di molti altri fattori. Nel corso di numerosi studi su propoli di varia origine sono stati identificati più di 150 composti biochimici.
Per semplificare è possibile suddividere i principali componenti in cinque grandi gruppi:
  • resine (45-55%),
  • cera e acidi grassi (25-35%),
  • oli essenziali e sostanze volatili (10%),
  • polline (5%)
  • composti organici e minerali (5%)


 In diverse ricerche scientifiche sono state confermate alcune proprietà, come ad esempio: 

  1. antibiotiche (1)
  2. anti-infiammatorie (2)
  3. anti-micotiche (3)
  4. anti-ossidanti (4)
  5. antivirali (5)


Non è un caso che le api utilizzino il propoli per isolare dagli agenti esterni e disinfettare l’alveare. 
Come può essere impiegata la propoli? L’elenco del suo utilizzo può essere molto lungo ma possiamo restringere il campo soprattutto a sintomi influenzali e piccole ferite. Questa sostanza è ottima in caso di raffreddore o mal di gola e mostra tutta la sua efficacia soprattutto se si prende alle prime avvisaglie di questi disturbi. La propoli può essere utilizzata anche in caso di afte e irritazioni della mucosa orale, come disinfettante e cicatrizzante per piccole ferite (è in grado infatti di promuovere la rigenerazione dei tessuti), per trattare l’herpes e la comparsa di micosi.



(1) J. M. Grange and R. W. Davey (1990) Antibacterial properties of propolis (bee glue). in J R Soc Med. 1990 March; 83(3): 159–160. ^ Schede tecniche - Propoli Rivista Scientifica Natural1 - num. 2, maggio 2001, pag.76
(2) Siegfried Ansorge, Dirk Reinhold, Uwe Lendeckel - Propolis and Some of its Constituents Down-Regulate DNA Synthesis and Inflammatory Cytokine Production but Induce TGF-β1 Production of Human Immune Cells - Verlag der Zeitschrift für Naturforschung, Tübingen, 0939-5075/2003/0700-0580
(3)  Search of Propolis & Mycosis in National Center for Biotechnology Information
(4) Vassya Bankova (2005) Recent trends and important developments in propolis research in Evid Based Complement Alternat Med. 2005 March; 2(1): 29–32.
(5) Marjorie Murphy Cowan (1999) Plant Products as Antimicrobial Agents in Clin Microbiol Rev. 1999 October; 12(4): 564–582.

14 ott 2015

zucchero di canna VS zucchero bianco

Oggi vorrei cercare di fare un po’ di “luce” su una dibattutissima questione:  “lo zucchero di canna è migliore di quello bianco?” Ho letto davvero tanti articoli e navigato su così tanti siti di diversa “ideologia”  da farmi venire il mal di testa. È davvero difficile districarsi tra tutte le notizie contrastanti, molte delle quali a primo acchito ti fanno venire voglia dia aprire la dispensa e buttare via tutto lo zucchero che hai in casa!!!
Alla fine credo di aver trovato una “quadra “ e di essermi fatta un’idea che voglio condividere.
Penso che molti equivoci derivino dai termini utilizzati, una stessa parola infatti può assumere una connotazione positiva o negativa a seconda del contesto in cui è inserita. Facciamo un esempio: la parola “purificazione” può assumere una valenza positiva se si pensa a qualcosa di sporco o impuro che subisce un processo particolare prima di essere ingerito; allo stesso modo però gli si può attribuire una connotazione negativa se si pensa ad un impianto di raffinazione (cioè di purificazione) petrolifero.
Detto ciò parliamo delle differenze dei due zuccheri, quello di canna e quello bianco. Cominciamo con il chiarire che il saccarosio, cioè il comune zucchero da tavola, viene estratto sia dalla canna da zucchero che dalla barbabietola da zucchero. La molecola estratta è esattamente la stessa; diversi sono i residui e le “impurezze” che sono presenti nel prodotto grezzo e che alla fine rimangono nella melassa prima della raffinazione finale. Lo zucchero che viene completamente purificato è quello derivante dalla barbabietola in quanto i suoi residui non sono molto gradevoli; diversamente quelli presenti nella canna da zucchero sono apprezzabili al palato. Lo zucchero di canna quindi può subire vari gradi di raffinazione e portare a prodotti leggermente diversi, dallo zucchero bianco, identico a quello di barbabietola, a prodotti più scuri. Dal punto di vista calorico i due prodotti sono praticamente identici.
Spesso, sul web, si legge che lo zucchero grezzo di canna è più ricco di minerali rispetto a quello raffinato. Per dare una conferma o una smentita a questa informazione possiamo prendere come riferimento le tabelle nutrizionali dell’USDA. [http://ndb.nal.usda.gov//]
Partiamo analizzando il contenuto in potassio: secondo le tabelle 100 grammi di zucchero grezzo contengono 133 milligrammi di potassio.  Dato che lo zucchero raffinato non ne contiene, possiamo essere portati a pensare che ci sia davvero  una bella differenza! Però fermiamoci un attimo a riflettere,  non è che ci mangiamo un etto di zucchero di canna al giorno! La domanda che dobbiamo farci è se questo numero è nutrizionalmente rilevante. L’agenzia americana FDA ha stabilito dei valori giornalieri “raccomandati” per diversi micronutrienti (principi nutritivi necessari agli esseri umani  come vitamine, sali minerali ...) che ogni individuo dovrebbe assumere per avere una dieta bilanciata. La “dose suggerita” (RDI = Reference Daily Intake) per il potassio è di 4700 milligrammi. Questo significa che per raggiungere la dose consigliata, dovremmo ingerirne 3.5 chili di zucchero di canna! Con il potassio è andata male. Proviamo ad analizzare il  calcio: lo zucchero di canna contiene 83 mg però  la dose giornaliera suggerita è di 1000.  Ciò significa che dovremmo ingerire un chilo e due etti di zucchero di canna. Forse è meglio mangiare 100 grammi di Parmigiano che ne contiene 1184 milligrammi.   Potremmo andare avanti così per tutti i nutrienti ma la conclusione sarebbe sempre la stessa. Insomma, possiamo affermare che quello dello zucchero  di canna “migliore” di quello bianco è un mito.  Come dice anche un opuscolo dell'INRAN, l'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione:
“Non è vero che il valore calorico e le caratteristiche nutritive dello zucchero grezzo siano diverse da quelle dello zucchero bianco. Lo zucchero grezzo (che si ricava sia dalla canna da zucchero che dalla barbabietola) è semplicemente uno zucchero non totalmente raffinato: le differenze di colore e sapore dipendono dalla presenza di piccole quantità di residui vegetali (melassa) che non vantano particolari significati nutrizionali.”
Quello che spesso preoccupa è come lo zucchero viene “purificato”. Molti siti descrivono il processo di purificazione e titolano i loro articoli in modo “spaventoso”:
  • “Lo zucchero raffinato e i suoi pericoli”   http://www.ricetteecooking.com/view.php/id_598/lingua_0/whoisit_1
  • “LO SAPEVI CHE LO ZUCCHERO VIENE SBIANCATO CON LA CALCE ?” http://aldexnapoli.jimdo.com/lo-sapevi-che-lo-zucchero-viene-sbiancato-con-la-calce/
  • “Attenti allo zucchero killer!”  http://www.laricercascientifica.it/ricerca-cuore/attenti-allo-zucchero-killer/762
E potrei andare aventi per molto!!! Proviamo a fare un po’ di chiarezza su come viene prodotto lo zucchero. Il saccarosio, cioè lo zucchero bianco, sia esso di barbabietola o di canna, subisce un processo di estrazione molto simile per entrambe le fonti. Le fasi sono: cristallizzazione, centrifugazione ed evaporazione. Tra le fasi si utilizzano sostanze come l’idrossido di calcio (latte di calce o calce spenta) per evitare che il saccarosio si scinda in glucosio e fruttosio; l’anidride carbonica per eliminare gli ioni di calcio in eccesso (derivati dal latte di calce). Lo zucchero bianco ha una purezza superiore al 99.7%. Il calcio precipita (come dicono i chimici) durante la fase di evaporazione mentre il contenuto residuo di anidride solforosa deve essere per legge inferiore a 15 mg/kg.  Che l'eccesso di consumo di zucchero possa dare problemi è noto, ma, come dicevamo in precedenza, c'è chi lo considera un vero e proprio "veleno". Dario Bressanini sul suo blog riporta un estratto di un articolo che dice quanto segue:

"il succo zuccherino proveniente dalla prima fase della lavorazione della barbabietola o della canna da zucchero, viene sottoposto a complesse trasformazioni industriali: prima viene sottoposto a depurazione con latte di calce che provoca la perdita e la distruzione di sostanze organiche, proteine, enzimi e sali di calcio; poi, per eliminare la calce che è rimasta in eccesso, il succo zuccherino viene trattato con anidride carbonica. Il prodotto quindi subisce ancora un trattamento con il velenosissimo acido solforoso per eliminare il colore scuro, successivamente viene sottoposto a cottura, raffreddamento, cristallizzazione e centrifugazione. Si arriva così allo zucchero grezzo. Da qui si passa alla seconda fase di lavorazione: lo zucchero viene filtrato e decolorato con carbone animale e poi, per eliminare gli ultimi riflessi giallognoli, viene colorato con il colorante blu oltremare o con il blu idantrene (proveniente dal catrame e quindi cancerogeno). Il prodotto finale è una bianca sostanza cristallina che non ha più nulla a che fare con il ricco succo zuccherino di partenza e viene venduta al pubblico per zuccherare (avvelenare) gran parte di ciò che mangiamo."

Bressanini commenta così: << Qual'è il problema di questa descrizione? (presa da http://www.alberosacro.org/lo-zucchero-bianco.htm ) È che cerca di spaventare, di scatenare la parte emotiva invece che quella razionale. Chi non ha argomenti oggettivi solitamente fa ricorso al linguaggio: "perdita e distruzione",  "velenosissimo acido",  "complesse trasformazioni industriali". Si dicono cose vere, ad esempio che viene trattato con il latte di calce, mescolate a quelle false, ad esempio che lo zucchero viene "colorato" con il blu oltremare. Ma quando mai? Questa è una bufala vera e propria. […]Se rimangono dei riflessi giallognoli dovuti alla presenza di melassa si eliminano utilizzando dell'innocuo carbone attivo, che viene utilizzato anche negli acquedotti per rendere potabile l'acqua dei vostri rubinetti. Racconta poi cose vere ma dipingendole a tinte fosche, sempre per spaventare. Si vuole suggerire che poiché vengono utilizzate delle "sostanze chimiche", allora il prodotto finale è "velenoso". Niente di più falso. Spesso delle materie prime alimentari vengono trattate con acidi o basi, dalla trippa alla gelatina, e questi vengono successivamente eliminati. Il "velenosissimo acido solforoso" (in realtà anidride solforosa) può rimanere solo in tracce (inferiori a 15 mg/kg), mentre in moltissime preparazioni alimentari l'anidride solforosa viene comunemente utilizzata come conservante.>>

Alla luce di quanto riportato sopra proviamo a trarre delle conclusioni. Abbiamo visto che il cosiddetto “veleno bianco”, deve la sua cattiva fama dalla mala informazione che si può trovare in rete. Analizzando diverse ricerche scientifiche, nulla di quanto affermato in merito alla pericolosità dello zucchero bianco  sembra essere confermato. Ma allora cosa decreta il successo di queste leggende metropolitane nutrizionali? Sarà l’identificazione di un solo nemico responsabile di tutti i mali del mondo? Ma! Forse è semplicemente facile creare una leggenda metropolitana sfruttando il lato “emotivo delle persone”.  Il vero problema dello zucchero è quello di tanti altri alimenti è il suo abuso che può provocare diversi problemi, dal sovrappeso al diabete. Quello che deve allarmarci è il monito lanciato da alcuni ricercatori americani secondo i quali lo zucchero “killer” può aumentare fino a tre volte il rischio di morire. Il rischio di cui si parla però non deriva dalle fasi di purificazione dello zucchero ma è una diretta conseguenza delle malattie cardiache, o delle patologie che coinvolgono cuore ed arterie,  che possono insorgere nel momento in cui si consumano troppi dolci o numerose bevande zuccherate. La ricerca scientifica condotta dal Centers for disease control and prevention di Atlanta e pubblicata su Jama Internal medicine dimostra che anche solo una bevenda zuccherata al giorno può triplicare il rischio di incorrere in seri problemi cardiaci. Lunga vita, secondo i ricercatori, invece, agli zuccheri contenuti in frutta e verdura, come ad esempio il fruttosio, esente da rischi particolari.
Allora è proprio vero quello che dicevano i nostri nonni una mela al giorno toglie il medico di torno!” 



8 ott 2015

IPERICO - Ricercatori australiani hanno messo a confronto l’erba di San Giovanni e gli antidepressivi. Risultato? Naturale non equivale a innocuo.

Oggi voglio parlare della pianta comunemente conosciuta come "erba di San Giovanni" o "scacciadiavoli". È una pianta perenne semisempreverde ed è ben riconoscibile anche quando non è in fioritura perché ha le foglioline che in controluce appaiono bucherellate, in realtà sono piccole vescichette oleose da cui deriva il nome perforatum; il nome scientifico dell'iperico è infatti Hypericum perforatum. L'iperico è una pianta officinale che è tradizionalmente utilizzata come antidepressivo e antivirale.
Come sempre mi sono chiesta se ci sono ricerche scientifiche a sostegno delle credenze popolari ed in effetti, sul sito della Fondazione Veronesi, ho travato un articolo che cita uno studio dell'Università di Adelaide (Australia), dove è stata fatta una ricerca che mette in evidenza come l'iperico abbia effettivamente delle proprietà antidepressive. La dottoressa Claire Hoban, che ha condotto lo studio, ha sottolineato che l'iperico ha anche degli effetti collaterali, proprio come alcuni antidepressivi tradizionali. 
Troppo spesso si è portati a pensare che i rimedi naturali non fanno male ma questo studio mostra come questo non sia sempre vero; è importante che si diffonda la consapevolezza che l’iperico, come altri rimedi naturali,  possono essere considerati come farmaci veri e propri. Questo significa che può avere anche interazioni con altri farmaci ed effetti collaterali; è consigliabile non "auto-prescirversi" una cura, anche se prevede la somministrazione di erbe officinali (è meglio chiedere consiglio al medico, al farmacista o all'erborista). 
La dottoressa Claire Hoban durante lo studio ha registrato delle reazioni avverse in alcuni consumatori di iperico del tutto simili a quelle indotte, in alcuni casi, dalla fluoxetina (inibitorie della ricaptazione della serotonina come il noto Prozac): ansia, attacchi di panico, vomito, amnesia. L’iperico funziona con il medesimo meccanismo degli inibitori della ricaptazione della serotonina, i cosiddetti "antidepressivi Ssri", dunque non c’è da meravigliarsi che induca anche gli stessi effetti collaterali. 
Alla fine delle mie ricerche mi sento di affermare che prima di prendere un qualunque rimedio contro la depressione è forse meglio cercare di capire l'origine dello stato d'animo che ha portato alla depressione, cercando l'aiuto di un professionista (ad esempio un psicoterapeuta).


26 set 2015

seconda vita ad una vecchia zuccheriera

Cosa fare se la zuccheriera che ti piace tanto cade e si rompe?
Sicuramente non bisogna buttarla perché con un po' di pazienza e pochi materiali è possibile darle una seconda vita!!!
Alla mia ad esempio si è rotto il coperchio, ecco come ho pensato di aggiustarla.





Cosa serve:

  1. colla tipo bostik
  2. colla vinilica diluita con un po' di acqua
  3. carta di riso
  4. forbici
  5. pennello
  6. penna



Come procedere:


1) incollare i vari pezzi con la colla tipo bostik, non importa se il lavoro non è perfetto. Coprire tutta la superficie con la colla vinilica diluita aiutandosi con il pennello.


2) foderare il pezzo con la carta riso e passare una mano di colla vinilica diluita utilizzando sempre il pennello anche sopra la carta di riso



3) dopo una decina di minuti tagliare la carta di riso in eccesso con le forbici

4) dato che la mia zuccheriera ha una decorazione sul davanti ho ripassato i contorni del fiore sulla carta di riso con la penna e ho ritagliato la sagoma

5) coprire tutta la superficie con la colla vinilica diluita aiutandosi con il pennello e foderare il pezzo con la carta riso  ripetendo tutti i passaggi dei punti 2 e 3



ECCO LA ZUCCHERIERA
CON IL NUOVO LOOK!!!

20 set 2015

Le Bacche di Goji




E' da mesi ormai che non si sente parlare d'altro che di queste "miracolose" bacche di Goji, ho pensato: avranno davvero tutte queste proprietà così tanto decantate? Se devo essere onesta ogni volta che a un cibo o a un rimedio naturale vengono attribuite troppe "capacità curative" rimango sempre un po' perplessa.
Ho cominciato a fare un po' di ricerche e in diversi articoli si possono leggere affermazioni quali:

- usate da più di 2000 anni
- molte ricerche
- un novo studio dell'università "x"
- da millenni utilizzate come rimedio 
- .... ...

Quello che non capisco è perché non viene mai messo il link dove poter leggere questo <novo studio dell'università "x"> o la fonte della ricerca citata.
Ho cercato davvero molto e alla fine ho travato un articolo sul sito www.guidaconsumatore.com  deve si parla di diversi aspetti legati alle bacche quali: leggende, marketing, effetti benefici, ed evidenze scientifiche. Viene riportato il risultato del Test Orac (Oxygen Radicals Absorbance Capacity), un test, eseguito in vitro, che non dà una stima esatta degli effetti che gli alimenti possono avere sull'organismo umano, in quanto si tratta di un’analisi chimica. Tuttavia è interessante perché permette di confrontare fra loro i contenuti in antiossidanti di vari alimenti e sostanze; nello specifico più è alto il valore del test ORAC, più la sostanza è in grado di distruggere i radicali liberi (i risultati sono espressi in un'unità di misura, detta unità ORAC). Il punteggio ORAC delle bacche è di 25.300 (ad esempio quello del cioccolato fondente è di 13.120 e quello degli spinaci è 1770). [fonte gojijuices.net]

Nonostante quanto trovato in questo sito non mi sentivo soddisfatta così ho provato a vedere se qualche biologo, nutrizionista o medico aveva scritto qualcosa in merito. Ho così trovato un articolo della dott.ssa Valentina Venanzi, biologa e nutrizionista [http://www.huffingtonpost.it/valentina-venanzi/] che ha scritto un articolo nel suo blog [http://www.huffingtonpost.it/valentina-venanzi/tutta-la-verita-sulle-bacche-di-goji_b_3900677.html]  in cui racconta quella che è la sua esperienza personale. Dopo aver spiegato l'origine delle bacche descrive il valore nutrizionale delle stesse affermando che: 
"In una singola bacca sono racchiusi tutti i principali macro e micronutrienti: carboidrati (efficaci come rinforzo e sostegno del sistema immunitario), proteine, lipidi (tra cui Omega 3 e Omega 6) e Germanio, un potente antiossidante utile per proteggere l'organismo in caso di radiazioni e coadiuvante per artrite reumatoide, ipertensione ed allergie."
Continua   affermando:
"Aiutano rinforzare il sistema immunitario, a disintossicare il fegato, a migliorare la resistenza muscolare, a sostenere l'organismo durante i periodi di forte stress e a supportare l'idratazione e l'elasticità della pelle. [...] Io le assumo giornalmente e vi assicuro che donano tono ed energia da vendere. [...] Moltissimi studi hanno dimostrato che grazie alla disponibilità dei nutrienti forniti, queste bacche selvatiche offrono un valido sostegno nella regolazione e rigenerazione dei processi metabolici, delle risposte immunitarie e delle attività neurologiche."
Purtroppo anche in questo articolo neanche uno dei "moltissimi studi" è stato citato. Dato che sono una persona fiduciosa nel prossimo voglio pensare che la dott.ssa non abbia citato questi studi per motivi di ... tempo, "scorrevolezza" della lettura, spazio .... non saprei! Parto dal presupposto però che una biologa e nutrizionista sia realmente informata sulle proprietà dei cibi e che se afferma: "Prima di consigliare la loro assunzione ai miei pazienti mi sono documentata circa i benefici di questi alicamenti (ossia alimenti dall'elevato contenuto di composti fitochimici che permettono di svolgere una funzione preventiva per diverse patologie)" sia realmente così.

Per "par condicio" vi suggerisco di leggere anche un articolo comparso sul sito dell'Università Popolare di Scienze della Salute, dove invece si asserisce che le bacche di Goji non hanno tutte le proprietà di cui si parla.

Facendo le mie ricerche mi sono imbattuta in diversi articoli sulle proprietà dei nostri frutti di bosco ai quali dedicherò il mio prossimo post.

Come sempre a voi "l'ardua sentenza".
























19 set 2015

PULIZIA DEL FORNO A MICROONDE

Spesso, dopo aver cucinato determinati cibi nel nostro forno a microonde, è possibile che vi rimangano cattivi odori.

Tuttavia, pulire il forno a microonde può essere semplice, veloce ed economico.

OCCORRENTE: 

- Un bicchiere di ACETO
- Un bicchiere di ACQUA

PROCEDURA:

- Mettere in un recipiente di vetro (es: insalatiera, terrina ecc.) l'acqua e l'aceto. 
- Attivare alla massima potenza il forno a microonde per 1 minuto.
- Asciugare con un panno spugna l'intera superficie interna.

Se necessario ripetere l'operazione una seconda volta.


27 ago 2015

Scienza in cucina

Oggi vorrei parlare di un blog che trovo molto interessante e che leggo davvero molto spesso.
Il blog in questione è quello di Dario Bressanini (chimico, ricercatore presso il dipartimento di Scienze Chimiche e ambientali dell'Università degli Studi dell'Insurbia di Como e divulgatore scientifico) che "racconta" i cibi che consumiamo quotidianamente dal punto di vista scientifico. Ho conosciuto il lavoro di questo studioso grazie al libro "Pane e Bugie" che mi ha letteralmente aperto gli occhi su tante tematiche sulle quali avevo già dei dubbi. Il libro cerca di dare una risposta, partendo da dati scientifici, a domande come: gli alimenti biologici sono più nutrienti? 
Tornando al blog potrete trovare articoli brillanti e molto esaustivi su tematiche diverse. Insomma se come siete molto curiosi e siete stufi di essere presi in giro da pubblicità e articoli che parlano di "ultimi ritrovati della scienza" senza però citare le fonti per dimostrare la veridicità di quanto affermano date un'occhiata a questo blog.

http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/


13 ago 2015

DIETA SANA: LA PASTA FA INGRASSARE?

Si legge spesso su riviste e siti internet che mangiare i carboidrati dopo le 16 fa ingrassare, sarà vero? La Dott.ssa Simona Perseo, Biologa e Nutrizionista, ha scritto un articolo spiegando perché è preferibile mangiare i carboidrati a colazione e pranzo ed è consigliata un’assunzione moderata durante la cena.

Per rispondere in modo esaustivo a questa domanda bisogna prima di tutto introdurre il concetto di indice glicemico., il quale rappresenta un parametro molto importante. Si sente spesso parlare di calorie in eccesso, di carboidrati complessi e semplici o zuccheri, ma di cosa si tratta? E soprattutto perché questi costituenti dei cibi influenzano così tanto la nostra linea e la nostra salute?
I carboidrati si possono definire come il nostro “carburante”, in quanto forniscono energia senza produrre scorie nel nostro organismo. I principali carboidrati di interesse alimentare possono essere distinti, in base alla struttura chimica, in semplici e complessi.

CARBOIDRATI SEMPLICI
Comunemente chiamati zuccheri, comprendono i monosaccaridi (glucosio e fruttosio)  e i disaccaridi (saccarosio, maltosio e lattosio). Gli zuccheri sono presenti naturalmente negli alimenti primari o incorporati in alimenti e bevande (saccarosio, sciroppo di glucosio a contenuto variabile di fruttosio) per aumentarne la gradevolezza grazie al loro gusto dolce.

CARBOIDRATI COMPLESSI
Detti anche polisaccaridi, comprendono l'amido e la fibra alimentare. L'amido è, nella dieta del soggetto adulto sano, la principale fonte di carboidrati disponibili all'assorbimento ed utilizzabili dal metabolismo cellulare.

ALTRI CARBOIDRATI COMPLESSI
Altri carboidrati complessi non disponibili sono la cellulosa, le pectine, le emicellulose, ed una varietà di gomme e mucillagini di varia origine. Queste sostanze vengono solitamente definite con il termine Fibra Alimentare.

Quando il nostro organismo brucia un grammo di glucosio, sviluppa 4 Kcal formando acqua e anidride carbonica come prodotti di scarto.  Ciò che differenzia i diversi tipi di carboidrati è il tempo  che il nostro organismo impiega per la loro digestione (durante la quale  vengono “smontati” nei loro costituenti più semplici) e quindi il tempo che impiega il  glucosio per entrare in circolo nel sangue attraverso la barriera intestinale.  Questa entrata potrà avvenire molto velocemente, come nel caso degli zuccheri semplici (in questo caso sarà molto più difficile smaltirlo, e questo eccesso verrà accumulato sotto forma di glicogeno di riserva e di grassi), o in modo più lento come per i carboidrati complessi. Il compito di smaltire e di accumulare il glucosio è svolto dall’insulina, un ormone prodotto dal pancreas.

Arriviamo così alla ”domanda delle domande”:  la pasta fa ingrassare? È giusto eliminarla dalle diete dimagranti?

Pur essendo ricca di carboidrati, la pasta possiede un indice glicemico medio-basso, questo significa che dopo l’assunzione provoca un innalzamento molto graduale degli zuccheri nel sangue impedendo che essi favoriscano l’accumulo dei grassi.
È comunque consigliabile assumere gli alimenti ricchi di carboidrati nella prima colazione e nel pranzo, in quanto durante il giorno vengono utilizzati come fonte di energia non venendo così accumulati sotto forma di grassi. Per quanto riguarda lo spuntino del pomeriggio e la cena, la quantità dei carboidrati deve essere ridotta in favore delle proteine.  Un’attenzione particolare va posta alle porzioni, le quali non devono essere eccesive e ai condimenti. È buona abitudine accompagnare la pasta con verdure, in quanto il loro contenuto in fibre diminuisce l’assorbimento di carboidrati e dei grassi, riducendo ulteriormente l’indice glicemico della pasta. Condire la pasta con  pomodoro fresco e olio extravergine di oliva, possibilmente a crudo, oppure abbinarla ad una porzione di legumi.

In base a quanto detto possiamo affermare che la pasta è un alimento che deve essere consumato tutti i giorni, soprattutto se si vuole seguire una dieta sana ed equilibrata.

È possibile trovare una tabella della quantità di carboidrati contenuti nei cibi nel seguente link: